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"Questo è un giorno importante per le coppie dello stesso sesso e le nostre famiglie,
ma anche per la nazione,
perché oggi l'Australia è un Paese più giusto e più equo".  07/12/2013


 

Questo è il commento fatto dall’attivista gay Rodney Croome in seguito alla prima unione in matrimonio della prima coppia gay.


Questa affermazione mi ha fatto pensare non tanto in relazione al matrimonio in sé e per sé, quanto per il commento in cui Croome dice “l’Australia è un paese più giusto”.


Mi sono chiesta cosa volesse dire questo aggettivo e spulciando tra le definizioni della Treccani, ho trovato la definizione del termine “giusto”: persona, che osserva i principî della giustizia, che opera e giudica secondo giustizia


Ma che cos’è allora la giustizia? 

Afferma l’enciclopedia Treccani: Virtù eminentemente sociale che consiste nella volontà di riconoscere e rispettare i diritti altrui attribuendo a ciascuno ciò che gli è dovuto secondo la ragione e la legge.

Quindi secondo l’enciclopedia per essere giusti e in un paese giusto  è necessario che la società riconosca all’uomo i propri diritti nel modo che la ragione e la legge suggeriscono.


Ora, premettendo di non essere particolarmente al di dentro del discorso giuridico, il termine matrimonio in diritto civile ha due differenti accezioni: con la prima, si intende il matrimonio-atto, ovvero il negozio giuridico con il quale un uomo e una donna dichiarano con le dovute formalità di volersi prendere reciprocamente per marito e moglie, formando così una famiglia; con la seconda, si intende il matrimonio-rapporto, comprensivo di tutti gli effetti di natura sia personale sia patrimoniale, chescaturiscono dalla celebrazione del negozio matrimoniale. 

Da ciò però mi accorgo che sebbene nel codice civile, e quindi nella legge, vi sia menzione della necessità della presenza di uomo e donna per costituire un‘unione feconda e quindi giusta oggi più che mai la società occidentale prevalentemente sembra ignorare questo elemento.


Oltre a questo, molto spesso mi chiedo se quando le persone parlano di giustizia si riferiscono alla loro di giustizia, ovvero a ciò che loro personalmente e quindi limitatamente ai propri interessi ritengono giusto oppure ad una giustizia che fa comodo perché con la scusa dell’uomo e dei suoi diritti ogni persona può chiedere ciò che personalmente sente sia giusto per se stessa. 


Ragionando poi sull’elemento della ragione anche qui ho avuto qualche difficoltà nel capire.

Oggi tutti, i media e la società occidentale in particolare sembrano definire normale e legittimo ogni orientamento sessuale.

La ragione quindi, la sensibilità, come affermava Kant, che discrimina i fenomeni per creare la conoscenza attraverso i dati che arrivano dall’ esperienza, come riesce a discernere ciò che è vero da ciò che è falso se non ha delle radici da cui attingere acqua o se non ha avuto un’educazione religiosa? (e con religiosa non intendo solo cristiana ma anche musulmana o ebrea).


E in particolare i giovani come possono orientarsi in un mondo bombardato ogni giorno da tutti i messaggi più incredibili e sempre visibili on-line?

Se una volta ci si imbarazzava parlando di lesbiche, gay, trans e travestiti oggi questi termini non sono più legati a temi tabù (cosa che credo sia positiva se discussa in modo intelligente) ma sono diventati veri e propri argomenti per la formulazione di leggi, tesi e punti di agenda politica. 

 

Quindi tornando a noi: riconoscere e rispettare i diritti altrui.

Ma il matrimonio omosessuale si può definire matrimonio? Ed è giustodefinirlo come tale? 


Nell’enciclopedia si legge: “il matrimonio è per definizione l’ unione fisica, morale e legale dell’uomo (marito) e della donna (moglie) in completa comunità di vita, al fine di fondare la famiglia e perpetuare la specie”.

Poiché nella coppia omosessuale non c’è per evidenti ragioni fisiche lo scopo o comunque la possibilità di perpetuare la specie come è dunque possibile definirlo matrimonio?

Le persone omosessuali che ho conosciuto sono abbastanza informate sull’argomento e mi hanno sempre detto che la ragione di base per cui la coppia chiede il matrimonio è per poter godere dei diritti. Quindi perché chiedere l’approvazione dell’unione con un rito secondo cui la coppia dovrebbe essere eterosessuale?

Se è vero che la giustizia è l’operare secondo la legge e secondo ciò che la ragione può indicare, è vero allora che le unioni tra persone dello stesso sesso  non può essere definita matrimonio ma unione, senza aspettarsi che l’ordinamento approvi senza alcuna reazione un istituto che di per se stesso non è contemplato.


Per questi motivi credo sia importante fare una riflessione sia sulla realtà in cui stiamo vivendo sia sull’importanza delle parole che utilizziamo per esprimere azioni e comportamenti.

E’ indispensabile capire che è necessario “filtrare” anche con l’intelligenza e la ragione le informazioni che vengono trasmesse e soprattutto è necessario sviluppare un forte senso critico e la capacità di giudizio nei confronti di chi cerca di far passare come obsoleto e sbagliato un istituto, quale quello del matrimonio eterosessuale, e far credere che la nuova tendenza del “tutto libero per tutti” sia la grande verità e giustizia che ci è sempre stata negata.



..naturalmente quanto detto in riferimento al codice civile vale solo per l'Italia, dal momento che non conosco il contenuto di quello del Paese a cui fa riferimento l'autore citato. Anche per l'Italia nondimeno esso può essere modificato da una legge successiva, ancorché l'art. 29 Costituzione (che può anch'essa essere modificata ma da una legge per così dire "più forte", ossia con un procedimento più complesso) afferma espressamente: 

Art. 29.

La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.

Il riferimento alla società naturalerimanda all'unione uomo donna. 

La Corte Costituzionale (sentenza n.138/2010 della Corte Costituzionale) rimarca, infatti,  la diversità di sesso coniugi (marito e moglie – uomo donna) ritenuta scontata ed implicita, atteso che <<i Costituenti, elaborando l’art. 29 Cost., discussero di un istituto che aveva una precisa conformazione ed articolata disciplina nel codice civile […] essi tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 1942 che stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso>>(cfr. p.9).

Purtroppo l’uomo è incline a confondere la famiglia (art. 29 Cost.), essenza della Carta Costituzionale, con le contingenze accidentali dei tempi odierni terminando pericolosamente per mercanteggiarne la sostanza con la forma e giungendo a conclusioni oltranziste fino a privare di significato l’art. 29 della Carta Fondamentale.

In questo quadro, allora, dal punto di vista strettamente giuridico non può ammettersi un superamento (né giurisprudenziale né di norme internazionali) del dogma costituzionale giacché in Italia la famiglia, unione tra uomo e donna, è meritevole di protezione di rango superiore.



sr






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