Era la giornata di pausa ai Mondiali di Garmisch, non ci sono gare da raccontare e quasi per caso mi sono imbattuto nella conferenza stampa più interessante della settimana.
Jean-Pierre Roy è il primo atleta haitiano che partecipa a un campionato mondiale di sci.
E accetta di prestarsi al gioco della macchietta, della curiosità, a un patto: che si parli della sua terra, Haiti.

La storia di Jean-Pierre è meravigliosa: nasce ad Haiti ma è ancora un bambino quando i suoi genitori scappano dal regime dittatoriale di Duvalier e riparano in Francia. Jean-Pierre cresce a Parigi e per qualche anno i suoi genitori lo portano a sciare: una settimana, tutti gli anni. E' amore a prima vista: "Non so perché ma, pur essendo nato ad altre latitudini, il freddo mi piace. E adoro la neve".
Sugli sci inizialmente non ha molto stile: diciamo che il suo talento sportivo dovrebbe cercare altri sfoghi. Ma riesce a stare in piedi, e cosa più importante, sciare gli piace da morire: e così, anno dopo anno, migliora. Nel frattempo si laurea in ingegneria elettronica, diventa un abile tecnico di computer, mette su famiglia e allestisce dal nulla una sua società di consulenza e una piccola azienda informatica. Quando la situazione haitiana si normalizza, partendo dal presupposto che normale non lo è mai stata, Jean-Pierre torna a vedere la sua terra e a conoscere i suoi parenti. Il rapporto diventa costante e continuo fino al devastante terremoto di qualche tempo fa: Jean-Pierre, padre di una figlia di 22 e nonno di una nipotina di 2, torna ad Haiti e piange disperato di fronte alla devastazione, alla povertà, all'incertezza di persone che hanno perso tutto.
"Cosa posso fare io...? - si chiede - io non posso fare niente per questa gente..."
E invece no: Jean-Pierre è probabilmente l'unico haitiano al mondo che sa sciare e con l'aiuto di un amico a ottobre fonda la Federazione Haitiana di Sci Alpino chiedendo l'affiliazione alla Fis che a novembre accoglie Haiti tra i suoi 111 membri.
Ma Jean-Pierre è il presidente di se stesso: la sua federazione non ha allenatori, tecnici, sci, materiali, strutture. E ovviamente non ha soldi. In compenso ottiene, come tutte le altre federazioni, l'invito a prendere parte ai Mondiali di Garmisch. Tutti lo sconsigliano: impossibile che un dilettante prepari un mondiale e possa centrare la qualificazione in meno di due mesi. Le regole sono regole: anche se arrivi da un paese terremotato e sei dilettante.
Jean-Pierre accetta la sfida: "Se mi qualifico troverò il modo di far parlare di me e del mio paese".
Si paga le spese e si trasferisce sulle Alpi dove scia tutti i giorni, per cinquanta giorni di fila, per otto-nove ore al giorno. L'obiettivo è qualificarsi per il gigante e, una volta qualificato, arrivare alla fine: "Possibilmente sulle mie gambe" aggiunge lui.
L'altro giorno l'ultima prova, sul ghiaccio: è arrivato sulle sue gambe e con un tempo discreto. Può farcela...
"Haiti è con te", gli scrivono via web i suoi amici che dall'altra parte del mondo sono curiosi di vedere come se la caverà. E lui, senza sponsor (tutte le aziende che si interessano a lui vengono invitate a devolvere fondi alle associazioni che si occupano delle scuole o della prevenzione per il colera), a Garmisch c'è arrivato.
Se qualcuno gli offre aiuto lui gli gira i contatti della fondazione per il sostegno dei bimbi haitiani: "I vostri soldi fanno la differenza là, non qui. Io sono scarso comunque... ma - aggiunge - sono anche un nonno che fa i mondiali, probabilmente il primo; e sono sicuramente il primo haitiano qui. La mia medaglia l'ho già vinta".

Ma ad Haiti le montagne ci sono... "Abbiamo anche la neve, anche se per non più di due giorni all'anno" dice Jean Pierre sfoggiando la tuta rossa, bianca e azzurra con la sua bandiera e la sgargiante scritta Haiti sulla coscia.
Poi, parlando del suo paese, si commuove: "Non dimenticatevi di Haiti, continuate a starci vicino, aiutateci. I soldi non bastano, dobbiamo aiutare il paese a ricreare un ambiente maturo che sappia investire gli aiuti che sta ricevendo, per far crescere i suoi figli, istruirli. La nostra è una terra meravigliosa e straordinaria... la mia speranza è che un giorno possiate venirla a visitare e vivere da noi le più belle vacanze della vostra vita".
Jean-Pierre, che on line ha un nickname molto curioso ‘rasta picketts', come i bobbisti jamaicani resi famosi dalle Olimpiadi e dal cinema, sa che Haiti non ha bisogno di un campione di sci ma di molte altre cose: "Magari serve uno sciatore che ricordi ai tanti amici che sciano, e che Haiti non sanno nemmeno dov'è, che ci siamo anche noi".
Giusto JP, siamo qui apposta.