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AMA IL TUO NEMICO
Nelson Mandela e la partita che ha fatto nascere una Nazione.

John Carlin

 

Uscito dal carcere, dopo ben ventisette anni, Nelson Mandela ha ancora di fronte a sé il nemico contro cui ha speso tutta la vita: l'apartheid. Nel 1994 si tengono le prime elezioni a suffragio universale del Sudafrica, e Mandela trionfa. Ma se il Sudafrica è fatto, restano da fare i sudafricani. Cosi il genio politico del prigioniero n° 46664 si inventa la più audace e improbabile delle scommesse: usare il rugby, lo sport dei bianchi, per unire una volta per tutte i sudafricani. Mandela intuisce ciò che nessun altro è in grado di vedere: "Se non potete parlare alle loro menti, parlate ai loro cuori". Così il Sudafrica ottiene l'organizzazione della coppa del mondo di rugby del 1995, e inizia il miracolo. Gli Springboks collezionano vittorie, e il Paese intero si innamora. Il 24 giugno i giocatori scendono in campo per disputare la finale contro i temibili All Blacks, la squadra neozelandese considerata la più forte del mondo. Mandela siede in tribuna, mentre sessantaduemila tifosi, per la maggior parte bianchi, lo acclamano. E al coro si uniscono davanti alla tivù i milioni di neri delle township. Contro ogni pronostico quel giorno gli Springboks realizzano il punto decisivo e coronano il sogno del loro presidente: quarantadue milioni di sudafricani sono finalmente uniti dalla stessa passione. Da questo libro di John Carlin dal titolo “Ama il tuo nemico”, verrà tratto poi il film INVICTUS diretto da Clint Eastwood e con protagonisti Matt Damon e Morgan Freeman nella parte dell’incredibilmente somigliante Nelson Mandela. Nelson Mandela fu imprigionato dal 1963 fino al 1990: spese 27 anni in carcere ma riuscì in quello in cui gli stessi sud-africani non credevano, ovvero ad unire l’intero Sud Africa dopo la fine dell’apartheid, la segregazione dei neri da parte dei bianchi. Il film ci racconta come una partita di rugby, nel 1995, fece tifare bianchi e neri la stessa squadra. Invictus, ovvero l’invincibile, gioca una delle partite più significative del secolo scorso: gli Springbocks sudafricani capitanati da François Pienaar (Matt Damon) affrontano gli All Blacks maori della Nuova Zelanda in un match in cui lo sport giocherà un ruolo unificatore per tutti, i bianchi come i neri. Per la prima volta nella storia del Sud Africa sottomesso dai bianchi ed ora governato dal primo nero della storia a capo dell’African National Congress, Nelson Mandela, dopo democratiche elezioni (fino ad allora i neri non votavano), bianchi e neri tifano la stessa squadra i cui colori, verde e oro, erano prima amati dai bianchi ed odiati dai neri, come ovvio riferimento all’apartheid ed all’inno che i bianchi afrikaans coniarono per il Sud Africa nero.

 

Ma, come si sente sulle labbra di Madiba (nome che si riferisce ad un titolo onorifico conferito agli anziani del clan di Mandela e che è diventato, con l’uso, il nome con cui i neri si appellano a lui):  “Il perdono libera l’anima e cancella la paura”, questo forse spiega in parte la forza e la coerenza, oltreché il coraggio, di un uomo che ha sopportato la prigionia senza prostrarsi e che, come recita la poesia Invictus (1875) di William Ernest Henley, che dà il titolo al film:

 

Non importa quanto sia stretta la porta,

quanto piena di castighi la pergamena, 

io sono il padrone del mio destino:

io sono il capitano della mia anima.

 

La visita della squadra sudafricana alla prigione di Mandela a Robben Island e la stessa fermezza celebre e fredda di Mandela, non sono sinonimi che di questa poesia. Nelson Mandela ha ricevuto il premio Nobel per la Pace del 1993 insieme al presidente bianco del Sud Africa, Frederik Willem de Klerk, che ha permesso la fine della segregazione razziale (apartheid). A ricordo di quel periodo, e per darne una misura, sottolineo che per la prima volta nel 1988 venne cantata una canzone per un concerto speciale: il tributo ai settant’anni di Nelson Mandela con gruppi dai Dire Straits, ai Simple Minds, a Sting e coinvolgimenti di attori come Richard Gere e Whoopi Goldberg. Allora Mandela era ancora in prigione e la canzone si intitolava Mandela Day dei Simple Minds, che usci come b-side di Belfast Child dedicata alla guerra nord-irlandese. Le parole chiedevano la liberazione di Madiba che era in carcere già da 26 anni e venne liberato l’anno dopo. Questo vuol dire soltanto una cosa: che Mandela aveva ed ha ragione, che la paura divide e si sconfigge con il perdono ed è proprio questo che l’ha reso invincibile. Una delle battute migliori del film tra il nero caposquadra delle guardie del corpo del Presidente Mandela Jason Tshabalala (cui non piace il rugby), ed il bianco Etienne Feyder che lo coadiuva (ed è tifoso di rugby): “Lo sa che cosa si dice in giro qui? Che il gioco del calcio è un gioco da gentiluomini giocato da selvaggi mentre il rugby è un gioco da selvaggi giocato da gentiluomini”.

pubblicato nel 2009
300 pagine 
€ 18,50 


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