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Grazie Lorenzo per l'interessante articolo!

Quando il 2 giugno 1946 l'85% dei Trentini scelse la Repubblica anziché la Monarchia (ai Sudtirolesi in quell’occasione non fu nemmeno concesso di votare) non solo venne stabilito un primato nazionale, non solo la nostra provincia si distinse dalle provincie vicine (penso a Verona, dove vi fu un testa a testa tra Monarchia e Repubblica), bensì si manifestò una scelta plebiscitaria chiarissima ed inequivocabile contro il centralismo, in favore dell'Autonomia integrale e di una visione sicuramente moderna ed europeista.

Il Trentino divenne Italia solo nel 1919, certo. Altro che nel 1861. Ma vogliamo dire in quale Italia piombò allora?

Per più di vent’anni l'Italia conosciuta dai Trentini (e ancor più dai Sudtirolesi) fu un'Italia della quale non c’è nulla – ma proprio nulla! – da salvare: arrogante e centralista, violenta e repressiva, che fece propri questi territori alla stregua di un bottino di guerra, tentando di cancellare ogni traccia di una storia secolare. Che costrinse i Sudtirolesi a cancellare la propria identità, che vietò ad un popolo l’uso della lingua propria, che distrusse monumenti e ne impose altri. Che obbligò la gente a italianizzare i propri cognomi in cambio di un tozzo di pane. Che si vendicò in ogni modo contro questi popoli considerati diversi, austriacanti e antinazionali, colpevoli solo di richiamarsi alla propria storia millenaria, a culture, abitudini e tradizioni radicate nella notte dei tempi (da far impallidire i Savoia).

Comunque la vera svolta per il Trentino furono, in sequenza – dopo la fine della seconda guerra mondiale – la nascita della Repubblica e l'accordo Degasperi-Gruber (1946), la Costituzione con il riconoscimento delle regioni a Statuto speciale (1947), il primo Statuto di Autonomia della Regione Trentino - Alto Adige (1948).

Si può dire che solo in quegli anni il Trentino abbia iniziato ad essere parte di uno Stato degno di questo nome e – permettetemi di dirlo – degno di ospitare storie e culture antichissime, quali sono le storie e le culture delle popolazioni del Tirolo Storico, ben ancorate da secoli allo spirito europeo!

Certo, è vero, per ben due volte (nel 1918/1919 e nel 1945/1946) né i Trentini né i Sudtirolesi poterono esercitare il fondamentale diritto all’autodeterminazione ed è evidente a tutti il perché di questo. Solo dopo il 1945 si può comunque dire che inizi una storia del Trentino dentro l'Italia veramente degna di questo nome. Non a caso fu in quel periodo che la libertà e la volontà dei trentini si espresse al meglio attraverso le lotte popolari dell'ASAR (Associazione Studi Autonomistici Regionali, 110.000 iscritti) e attraverso la personalità straordinaria di Alcide Degasperi.

Credo pertanto che valorizzare la Costituzione, la Repubblica e le Autonomie sia il modo migliore per fare un pò di chiarezza in questa fase confusa in cui si rischia di mettere dentro una storia di 150 anni – omologandole in una sorta di contenitore unico dove il bene e il male si annullano, contribuendo a creare anche dei clamorosi falsi storici – le esperienze e i personaggi per cui può valere la pena di essere orgogliosi di essere italiani (per esempio la nascita della Repubblica, la Costituzione italiana, la democrazia e l'antifascismo, le autonomie locali, le tante personalità straordinarie della politica e della cultura italiana "in tempi migliori") con altre esperienze rispetto alle quali c'è solo da provare imbarazzo e vergogna (penso ad esempio alle pesantissime responsabilità della casa regnante dei Savoia, al fascismo, alla "pulizia etnica" contro le minoranze linguistiche durante il Ventennio, alle leggi razziali, ai crimini di guerra compiuti dall'esercito italiano fianco a fianco della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale, alle stragi impunite, al fatto che ancora oggi una parte del Paese è completamente al di fuori dello Stato e in mano alla mafia, la prima "industria" italiana, grazie alla quale vengono a mancare ogni anno 100 miliardi all'erario dello Stato; una parte considerevole dell’Italia, suo malgrado, è sostanzialmente priva di democrazia, in quanto il voto, il potere e le amministrazioni sono gestite dalla malavita e dalla criminalità organizzata e armata, e nonostante questo ci sentiamo sufficientemente sicuri da poter "esportare la democrazia" in altre zone del mondo; evito poi riferimenti al presente in quanto il fondo del barile è davvero incommentabile).

Ha pertanto sacrosanta ragione Ugo Rossi quando dice che la vera festa dei trentini è il 2 giugno, la festa della Repubblica, la festa della Costituzione e dei suoi valori, la festa dell’Autonomia intesa come la più grande espressione di democrazia diretta. La sua è stata una delle poche lucide e serie osservazioni, degne di questo nome, di cui si è avuta menzione nello stucchevole (e – mi sia consentito dire – non privo di retorica) dibattito di queste settimane.

Il 2 giugno è la festa dell’Italia che ha dichiarato di rispettare e di amare le nostre terre e non la storia di quell'altra Italia che ha cercato di imporre la propria storia e la propria cultura con prepotenza e arroganza. Abbiamo quindi il diritto (e il dovere) di insegnare ai nostri figli la nostra storia e di pretendere che la nostra storia venga rispettata con pari dignità delle tante storie e delle tante straordinarie culture, peraltro spesso volutamente dimenticate o sottovalutate, che popolano questo Paese e che forse ne costituiscono la vera ricchezza.

Abbiamo il diritto e il dovere di rispondere con la fierezza della nostra antichissima cultura di autogoverno a chi viene ancora oggi nelle nostre terre ad accusarci di essere dei privilegiati cui lo Stato ha concesso, quasi fosse un favore, l’Autonomia. Noi, cari signori, l’Autonomia l’abbiamo conquistata a duro prezzo, dopo secoli di libertà in cui le nostre genti – mentre altrove comandavano i tiranni sul popolo – si organizzavano in assemblee pubbliche per gestire i propri beni e per stabilire in piena democrazia le regole comuni di vita sociale.

Questa cultura – in forme diverse – dalle nostre parti è ancora cosa viva, nelle cose di ogni giorno. E noi ne siamo orgogliosi. Vorrei che fosse chiaro un concetto: non è l’Italia che ha concesso l’Autonomia a queste terre, sono queste terre che hanno concesso all’Italia (dalla quale sono state annesse) la possibilità di sperimentare modelli di autogoverno che nonostante tutto vengono riconosciuti come esemplari, che permettono a queste terre di autogovernarsi con le proprie risorse senza sottrarre denaro ad alcuno, nonostante le bassezze di cui si nutre certa propaganda interessata, anche in zona "padana" (pensare però che negli anni Ottanta il Senatùr veniva a prendere lezioni di autonomismo in Trentino da Enrico Pruner, fondava la "Lega Autonomista Lombarda" e dichiarava – si veda la sezione storica nel sito della Lega Nord – l'Autonomia trentina come modello di riferimento).

Abbiamo il diritto e il dovere di trovare un punto di riferimento irrinunciabile nella Costituzione italiana, la legge fondamentale dello Stato, quale spunto ideale per capire il nostro ruolo anche nell’Italia del presente. L’Italia della Costituzione e della Repubblica, questa è l’unica Italia in cui possiamo, dobbiamo e vogliamo riconoscerci.

Abbiamo quindi il diritto e il dovere di continuare a fare dell’Autonomia un modello non solo economico ma anche politico e culturale nel quale il cittadino possa esprimere al meglio la sua libertà, come una straordinaria forma di democrazia diretta.

 

Lorenzo Baratter 
storico e ricercatore
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