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Mancano pochi minuti alle nove di sabato sera e allo stadio di Macerata suona il telefono di monsignor Giancarlo Vecerrica, vescovo di Fabriano-Matelica: «Pronto, sono il Papa...». Da la Stampa: MICHELE BRAMBILLA 

La voce di Francesco giunge attraverso gli altoparlanti ai trenta, forse quarantamila che fra un’ora, da quello stadio, partiranno a piedi per raggiungere il santuario di Loreto. Vecerrica dice subito al Papa che è lì presente il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, e Bergoglio dice «È bravo, quello...» e subito dopo, quando vengono nominati e inquadrati sul maxi schermo i vescovi delle Marche, aggiunge: «Ah quelli non so se sono bravi». C’è una risata colossale, ma poi dallo scherzo si passa alle cose serie. Papa Francesco chiede a chi marcerà nella notte di offrire quella sua fatica per il Medio Oriente; di pregare la Madonna Nera di Loreto, l’indomani mattina, per la grazia della pace. 

E così l’inviato del giornale laico si sintonizza all’improvviso con un altro mondo. Un mondo che crede che la pace in Medio Oriente possa dipendere certo da un incontro fra capi di Stato ai Giardini Vaticani, insomma da un fine lavoro tra diplomazie: ma anche, e forse ancor di più, da decine di migliaia di anonimi che per tutta la notte camminano cantano e pregano armati solo di fede e integratori di sali minerali. Follia? Può darsi. Ma credere, dice San Paolo, è scandalo e follia. 

Ho partecipato a questa marcia, che poi è il pellegrinaggio Macerata-Loreto, inventato nel 1978 da Giancarlo Vecerrica quando era un giovane insegnante di religione e con un pugno di studenti volle ringraziare la Madonna, camminando nella notte, per la chiusura dell’anno scolastico. A proposito di follie incomprensibili per il mondo, quella piccola cosa è diventata negli anni un fenomeno che attrae uomini e donne di ogni età e da ogni parte d’Italia e del mondo. Difficile descriverlo. Come abbiamo detto si parte da Macerata in trenta-quarantamila, ma si arriva a Loreto in centomila. La marcia dura otto ore per i fortunati che sono alla testa del corteo, nove per chi sta in mezzo e almeno dieci per chi la fa stando in coda. Ogni chilometro ci sono ambulanze e volontari perché le salite e il sonno che sopraggiunge possono giocare brutti scherzi. 

Ma quello che mi ha stupito maggiormente non è questo popolo che cammina nella notte: sono credenti, lo fanno per quello. Quello che sorprende è un altro popolo: gli abitanti della zona, che stanno svegli semplicemente per vedere sfilare i pellegrini. Dai balconi, dalle finestre, sugli usci intere famiglie assistono - alle due, alle tre, alle quattro di notte - al passaggio dei centomila con un rispetto che non è formale. Qualcuno allunga bottigliette d’acqua, molti salutano e incoraggiano. Ma la cosa più inedita per il cronista è il vedere, ai bordi della strada che va da Macerata a Loreto, centinaia di porte di case private aperte per far entrare i pellegrini e soprattutto le pellegrine a fare pipì. Scusate il dettaglio ma ci siamo capiti: non è da tutti i giorni veder aprire le porte del bagno di casa a file intere di sconosciuti. La notte è prodiga di molte altre occasioni per stupirsi. C’è l’azienda che offre i fuochi artificiali e quella che proietta, con un gioco di luce, lo skyline del santuario di Loreto: le Marche di questa notte sono una grande compagnia che abbraccia credenti e non credenti.  

Mentre si marcia nel buio, dall’altoparlante arrivano testimonianze dell’Italia comune: c’è chi racconta che ha perso il lavoro e deve mantenere la famiglia con trecento euro al mese, c’è chi spiega andata e ritorno nell’inferno della droga, c’è la mamma con due bambini piccoli che si è ammalata, era rimasta paralizzata, e poi boh chissà com’è, forse un miracolo, sta di fatto che ora è qui e almeno un po’ riesce a marciare pure lei. Dall’altoparlante monsignor Vecerrica fa sapere che c’è pure la moglie dell’inviato de La Stampa Domenico Quirico, di cui ricorda ai pellegrini la vicenda. 

Di che cosa è segno tutto questo? Al di là del credere o no – la fede non è di tutti – pare essere segno di un’umanità che non rientra nei parametri diciamo così «ufficiali»: gente che offre i propri crampi per la pace in Medio Oriente, per le difficoltà del vivere e per ringraziare di un lieto fine.

Segno anche di un’Italia che non trova molto spazio sui giornali, ma che esiste. 

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